Alessandria

2. Dall'armistizio al consolidamento del sistema di controllo e sfruttamento: le MK

Municipio di Alessandria.
Foto di Giusy1991Own work, CC BY-SA 4.0, Link

Dall’armistizio al consolidamento del sistema di controllo e sfruttamento: le MK

Come nel resto dell’Italia centro-settentrionale, nei giorni immediatamente successivi all’8 settembre 1943, la provincia di Alessandria viene occupata dalla Wehrmacht senza incontrare una resistenza organizzata. Ad inizio ottobre ad Alessandria la Militärkommandantur 1014 tedesca è già operativa presso il Palazzo della Gioventù del Littorio nell’allora piazza Biffi (oggi piazza Gobetti), mentre sul territorio della provincia vengono costituite delle Ortskommandanturen (stazioni di comando) ad Acqui Terme, Casale Monferrato, Novi Ligure, Ovada, Tortona e Valenza.  Nei primi giorni di ottobre prendono inoltre forma le articolazioni locali della Repubblica sociale italiana: a capo della provincia viene nominato Giovanni Alessandri, già segretario federale del PNF di Alessandria nel 1939, alla Questura è invece indicato Eugenio Caradonna, squadrista ante-marcia e ex-console della Milizia volontaria per la Sicurezza Nazionale.

Archivio ISRAL, Fondo Pivano, maestranze della Pivano, Seconda guerra mondiale

L’interno dello stabilimento meccanico Pivano, riconvertito alla produzione bellica, mentre è in corso una visita di gerarchi del PNF. La foto è antecedente il 25 luglio del 1943. .

Strategico in quanto principale porta di accesso alla pianura padana per chi provenga dalla Liguria, il territorio alessandrino presenta per i tedeschi anche una indubbia rilevanza economica. Benché avesse conosciuto una significativa contrazione della base produttiva nel riconvertirsi alla produzione bellica, aggravata dalle difficoltà di approvvigionamento di materie prime, il suo potenziale industriale è infatti tutt’altro che disprezzabile. Sul territorio non mancano consistenti produzioni meccaniche e chimiche – soprattutto ad Alessandria, Novi Ligure e Tortona – e si concentra, a Casale e dintorni, il nucleo principale dell’industria cementiera italiana. Nel suo complesso l’economia locale è però caratterizzata da piccole e medie imprese dedite più alla produzione di beni di consumo che di beni industriali. Del resto, quella di Alessandria è una provincia per lo più rurale: il 52% degli attivi a fine anni Trenta è ancora occupato in agricoltura, contro il 27% dell’industria e il 21% nel terziario. Rilevante la superficie destinata alla produzione di cereali – grano, ma anche mais e riso – la cui estensione è stata ulteriormente incrementata negli anni del conflitto, e a quella della barbabietola da zucchero, mentre nella fascia collinare a prevalere è soprattutto la vite.

Dopo le diffuse requisizioni di beni industriali, merci e prodotti agricoli operate al loro ingresso nel territorio alessandrino, oggi di difficile documentazione (l’industria dolciaria Novi, per esempio, si vede portare via i 2/3 della produzione), le forze di occupazione tedesche procedono rapidamente ad assumere il controllo dei settori economici considerati strategici per la continuazione del conflitto. Il comando germanico dichiara d’interesse militare una parte cospicua delle principali industrie provinciali: l’acciaieria ILVA di Novi Ligure; le industrie chimiche Montecatini di Arquata Scrivia e Montecatini di Spinetta Marengo, Società Ligure Industria dell’Acido Tannico di Serravalle, Cledca di Novi Ligure; la Snia Viscosa di Casale Monferrato, la Manifattura Isolatori Vetro di Acqui Terme; i cementifici Bargero, Palli Carone Deaglio, Milanese e Azzi, Italcementi, Unione Cementi Marchino di Casale Monferrato, Eternit e Unione Cementi Marchino di Ozzano Monferrato, Unione Cementi Marchino di Morano Po; gli stabilimenti meccanici S.A. Officine di Valenza Po, SMISA Mino di Alessandria, Amelotti di Rivalta Scrivia (caricamento proiettili), Pastorino & Traversa, Fast e Orsi Pietro e Figlio di Tortona,  Negro di Alessandria; l’Industria Juta di Carrosio, l’industria Juta di Arquata Scrivia, e naturalmente il cappellificio Borsalino di Alessandria.

Archivio ISRAL, Fondo Pivano, maestranze della Pivano, Seconda guerra mondiale

Le maestranze dello stabilimento meccanico Pivano di Alessandria nel cortile della fabbrica..

Mentre i cementifici casalesi sono rapidamente posti alle dipendenze dell’organizzazione Todt, la Pivano e la Negro vengono riconvertite la prima alla produzione di attrezzature meccaniche e materiale bellico, la seconda di fresatrici e alesatrici. Alla Borsalino è invece imposta la produzione di calzerotti di feltro per l’esercito tedesco. Ai fini bellici, la fabbrica più importante nel capoluogo è però senza dubbio lo stabilimento meccanico della Mino. Di proprietà della Edison di Milano già da prima della guerra si è riconvertita alla produzione bellica (proiettili e proiettili perforanti), ingrandendosi fino ad occupare 1400 operai.

Documenti

Relazione consiglio provinciale economia corporativa – Archivio di stato di Alessandria, Fondo Prefettura, Consiglio provinciale dell’economia corporativa

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