Alessandria

3. Produzione industriale: fabbrica e conflitti

Municipio di Alessandria.
Foto di Giusy1991Own work, CC BY-SA 4.0, Link

Produzione industriale: fabbrica e conflitti

Nell’immediato, la principale preoccupazione dell’occupante è garantire una ordinata ripresa delle attività produttive, al fine innanzitutto di soddisfare le necessità della Wehrmacht. Si tratta di far gravare localmente i costi di un’occupazione militare che anche a ragione della rilevanza strategica del territorio alessandrino si preannuncia onerosa, senza però paralizzare l’attività economica locale, da cui ci si propone di estrarre risorse utili alla prosecuzione della guerra. Sono obiettivi che per la loro contraddittorietà si dimostreranno irraggiungibili, anche indipendentemente dall’andamento del conflitto. Lo dimostrano le difficoltà che da subito si riscontrano nella distribuzione di materie prime di vitale importanza per l’agricoltura come per l’industria, quali i combustibili o i concimi, dovute alla scarsità delle risorse effettivamente disponibili a causa della loro distrazione ad altri fini – le necessità appunto dell’occupante – o della difficoltà nella riorganizzazione di un sistema dei trasporti che deve inevitabilmente dare priorità alle esigenze militari. A tal fine nel gennaio 1944 viene costituito l’Ufficio Disciplina Autotrasporti (UDA) provinciale, con a capo l’ingegner Piero Marchino. Esso ha il compito di censire i veicoli presenti sul territorio e di procedere nel caso alla loro requisizione, e di regolarne la circolazione attraverso l’introduzione di un regime di permessi obbligatori.

Archivio ISRAL, RSI, Manifesti

Le disposizioni in materia di circolazione degli autoveicoli decise dal Comando Militare Germanico in un manifesto del podestà di Alessandria dell’ottobre 1943.

Le difficoltà nell’approvvigionamento dei centri urbani – è acutamente sentita nell’Alessandrino la carenza di grassi di origine animale o vegetale, in particolare latte e burro, così come di combustibile ad uso domestico – non può che esacerbare la sorda ostilità verso la RSI e i tedeschi facilmente avvertibile fra la popolazione. La responsabilità del disfattismo è dagli occupanti innanzitutto attribuita alla disorganizzazione e alla corruzione diffusa nelle file dei fascisti repubblicani. Anche in provincia di Alessandria, del resto, i tentativi di risolvere i problemi annonari istituendo un rigido controllo sulla circolazione delle merci e sulle dinamiche dei prezzi finiscono con ottenere effetti controproducenti, alimentando ulteriormente il fenomeno della borsa nera, che le forze dell’ordine locali sono manifestamente nell’impossibilità di reprimere.

Si producono così frizioni crescenti con le autorità militari tedesche, incapaci di scorgere nel progressivo sfarinamento della situazione economica una propria responsabilità, ma preoccupate per l’ordine pubblico in una fase in cui il fenomeno partigiano va assumendo caratteri di massa, come dimostra anche il tragico episodio della Benedicta (6-11 aprile 1944). Non mancano del resto attriti all’interno della stessa RSI dove le amministrazioni locali e gli enti preposti al governo dell’economia come la Sezione provinciale dell’alimentazione (SEPRAL) confliggono sistematicamente fra loro. Anche la provincia di Alessandria, per esempio, lamenta inadempienza – o ne è a sua volta accusata – negli accordi per la ridistribuzione fra province vicine di prodotti agricoli o industriali eccedenti.

Nonostante una situazione in costante aggravamento, nelle fabbriche alessandrine nel marzo-aprile 1944 non si producono scioperi. Particolarissima la vicenda dell’industria meccanica Pivano, i cui dirigenti Antonio Grignolio e Livio Pivano, di orientamento antifascista, erano andati sperimentando all’interno della fabbrica un sistema di relazioni industriali di tipo democratico. Riconvertito lo stabilimento alessandrino, forte di 200 addetti, alla produzione di materiale bellico e di attrezzature meccaniche per la Militärkommandantur di Torino, la proprietà con un gioco sottile e non privo di rischi – Pivano è nel frattempo divenuto rappresentante del PdA nel CLN provinciale e dopo essere stato arrestato e poi rilasciato dalle autorità repubblichine è costretto alla semi-clandestinità – cerca di salvaguardare gli impianti, rallentando o decurtando la produzione.

Autore Domenico Sartorio. Fondo Borsalino /Fototeca Civica Città di Alessandria

Gli effetti dei bombardamenti del 30 aprile e del 2 maggio 1944 sullo stabilimento della Borsalino. Il reparto brindaggio e confezione fodere.

Sono invece la Mino e la Borsalino a fare le spese dei violenti bombardamenti di cui Alessandria è oggetto il 30 aprile e il 2 maggio 1944. Il 6 giugno e il 7 luglio sarà la volta di Novi Ligure, l’11 e il 17 luglio l’aviazione alleata colpisce nuovamente il capoluogo prendendo di mira ancora una volta la Borsalino, paralizzandone la produzione. Proprio quei bombardamenti mettono a nudo le difficoltà incontrate dal nuovo Ufficio unico di collocamento le cui disposizioni sono perlopiù ignorate dagli operai delle fabbriche sinistrate. Costituito a febbraio per indirizzare la manodopera disponibile – dai 16 ai 60 anni – all’impiego nell’organizzazione Todt o all’avvio al lavoro nel territorio del Reich (in particolare si ricercano operai specializzati, tornitori e aggiustatori meccanici), l’ufficio non ha corrisposto che faticosamente alle aspettative dell’occupante tedesco, sia per l’opposizione diffusa dei lavoratori al trasferimento in Germania, sia per le lungaggini burocratiche spesso opposte dalle stesse amministrazioni locali nella compilazione delle liste degli abili al lavoro obbligatorio.

Documenti

Relazione consiglio provinciale economia corporativa – Archivio di stato di Alessandria, Fondo Prefettura, Consiglio provinciale dell’economia corporativa

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