Cuneo e provincia

2. Dall’armistizio al consolidamento del sistema di controllo e sfruttamento: le MK

Piazza Galimberti, Cuneo.
Foto di Alessandro VecchiOwn work, CC BY-SA 3.0, Link

Dall’armistizio al consolidamento del sistema di controllo e sfruttamento: le MK

Alla proclamazione italiana dell’armistizio, l’8 settembre 1943, le truppe tedesche si mossero immediatamente secondo gli obiettivi loro assegnati. Nella pianura Padana, in particolare nelle province a cavallo del fiume Po tra Lombardia e Emilia la Divisione Waffen-SS Leibstandarte “Adolf Hitler” iniziò ad occupare il territorio piemontese. Alcuni reparti si diressero verso Alessandria e Asti, alcuni piegarono a Nord verso il Novarese e Torino, altri mossero verso Sud. Asti fu occupata il 10 settembre, di seguito Alba e Bra il 10 e l’11, poi Fossano e Saluzzo e, infine Cuneo il 12 settembre verso mezzogiorno.

Il reparto giunto a Cuneo, circa 800 uomini, schierò i suoi blindati nella piazza principale della città, Piazza Vittorio Emanuele II (ora piazza Duccio Galimberti). Nei giorni successivi alcuni reparti si spinsero nelle vallate che si aprono a ventaglio dalla pianura per catturare i militari italiani sbandati e spedirli prigionieri in Germania. Nelle stesse zone procedettero alla cattura di circa 800 ebrei, fuggiti dalla Residence forcèe di S. Martin Vèsubie e riversatisi soprattutto in Valle Gesso, ma anche in Valle Stura e Vermenagna. Vennero concentrati nella caserma “il Quartiere” di Borgo San Dalmazzo da cui vennero deportati in massa il 21 novembre.

Il 15 e 16 settembre, i tedeschi rastrellarono uomini e armamenti nell’Alta Valle Roia, nei due comuni di Briga e Tenda, allora appartenenti alla provincia di Cuneo.

Ad Alba e a Bra i militari italiani, consegnati in caserma, furono catturati praticamente al completo: un treno stracarico di prigionieri partì il 12 dalla stazione di Bra. In entrambe le città ci furono morti tra i soldati che tentavano la fuga. Alcuni reparti tedeschi che provenivano dalla Costa Azzurra giunsero in Valle Tanaro: ad Ormea ci fu un breve scontro; altri reparti dal colle Montezemolo nel Savonese scesero nei centri del Monregalese.

I tedeschi spararono sulla popolazione che cercava di recuperare materiali dalle caserme abbandonate: si contarono molti morti soprattutto nel Saluzzese, al confine con la provincia di Torino. Il responsabile delle truppe SS, il maggiore Joachim Peiper, stabilì il suo comando in Cuneo nei locali della Prefettura ed emise subito una serie di bandi minacciosi. Si chiedeva di riprendere il lavoro immediatamente, di consegnare ogni arma e materiale militare, di astenersi da ogni atto di ostilità verso gli occupanti. I tedeschi recuperarono un’enorme quantità di materiali militari e di casermaggio che vennero inviati in Germania. Non solo la provincia pullulava di caserme e di depositi, ma ad essi si erano aggiunti i materiali abbandonati dalla 4ª Armata che aveva occupato otto dipartimenti francesi dal novembre 1942 all’8 settembre. L’armata nei giorni dell’armistizio si era spostata nel Cuneese, e qui si era sciolta.

Delle decine di migliaia di militari italiani presenti nelle valli e nella prima pianura dopo pochi giorni non rimasero che i soldati della Guardia alla Frontiera sistemati nei loro accasermamenti di confine. Nel totale sfaldarsi dei comandi e nella assoluta mancanza di ordini, anche questi si sciolsero. L’iniziativa passò ai civili; si formarono piccole bande armate che accoglievano anche un certo numero di sbandati impossibilitati a raggiungere le loro case. Preoccupati da queste presenze, Peiper invitò i capi famiglia dei piccoli centri a convincere i militari a consegnarsi. Temendo l’estendersi della minaccia costituita dall’aggregarsi dei gruppi di militari Peiper decise di attaccare il nucleo più consistente presente nel retroterra di Boves, colpendo per rappresaglia anche la popolazione. Il 19 settembre Boves è attaccato e incendiato; la popolazione colpita in modo indiscriminato come un pericoloso nemico. È il primo eccidio: muoiono 23 persone, parroco e vice-curato compresi. La repressione creò un’enorme impressione e chiarì definitivamente le intenzioni tedesche. Scomparvero le bande meno motivate mentre si rafforzava la volontà di resistenza delle più politicizzate. Partendo da Est, nelle valli dell’Appennino e nelle valli prealpine si consolidarono i raggruppamenti monarchici-militari, le “bande” “Italia Libera” (poi “Giustizia e libertà”), le formazioni “Garibaldi”. A fine 1943, malgrado la durezza della stagione, più di un centinaio di uomini aveva fatto la scelta definitiva di resistenza.

In Cuneo città si era venuto intanto insediando il personale della Militarkommandantur 1020 che aveva trovato sede nel Collegio delle Suore di San Giuseppe. La giurisdizione iniziale comprendeva anche la provincia di Imperia. Alla politica di rapina delle fasi iniziali dell’occupazione si sostituiva ora il progetto di sfruttamento razionale e sistematico delle risorse della provincia.

Boves, 19 settembre 1943, piazza Italia dopo la rappresaglia tedesca.

Cuneo, 12 settembre 1943, blindati tedeschi posizionati nell’attuale piazza Galimberti.

Boves, 19 settembre 1943, piazza Italia dopo la rappresaglia tedesca.

Foto e documenti sono conservati presso l’archivio dell’Istituto storico della Resistenza e della Società contemporanea in provincia di Cuneo.

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