Cuneo e provincia

5. Verso la crisi del sistema di occupazione e sfruttamento

Piazza Galimberti, Cuneo.
Foto di Alessandro VecchiOwn work, CC BY-SA 3.0, Link

Verso la crisi del sistema di occupazione e sfruttamento

Il sistema di sfruttamento messo in atto dai tedeschi con la complicità dei fascisti restituisce risultati di un certo livello sino alla fine dell’inverno 1943/1944 per una serie di motivi fra cui la relativa disponibilità di prodotti e di mano d’opera, la ridotta incisività delle bande partigiane, per il numero ridotto dei componenti e spesso inclini al “colpismo”, alle iniziative coraggiose ma rischiose per una strategia politica e militare ancora poco definita.

Con la fine dell’inverno incominciano a verificarsi in diversi contesti di campagna pratiche di “disobbedienza” come la sottrazione delle bestie agli ammassi, ma anche il sostegno partigiano ai giovani soggetti agli obblighi di leva, il prelievo del grano dai silos e la distribuzione alla popolazione. L’arrivo in provincia delle prime aziende belliche sfollate dall’Italia centrale trova le formazioni partigiane pronte: si moltiplicano gli episodi di sabotaggio, come avviene al Silurificio San Giorgio, o di sostegno agli scioperi.

Per molti aspetti, l’introduzione del meccanismo di azienda “protetta” non solo comporta, in termini economici e produttivi, benefici assai contenuti, ai lavoratori occupati, ma crea non poco scontento nelle centinaia di lavoratori licenziati dalle imprese ritenute “inutili” ai fini dello sforzo bellico. A pagare lo scotto maggiore di questa politica di sfruttamento è il fascismo repubblicano che, impossibilitato ad incidere in modo reale sulle pratiche istituite e gestite dall’alleato tedesco, è attivo sul piano della propaganda ma smentito dai fatti, mentre è evidente la totale indifferenza germanica alle esigenze del regime mussoliniano. In questo senso è esemplare il fallimento della socializzazione, bloccata sul nascere dai tedeschi non interessati, ma anzi infastiditi dai vagheggiamenti socialisteggianti dell’ultimo fascismo.

L’estate del 1944 segna il crollo impietoso del fascismo repubblicano, espulso da quasi tutti i centri di media e alta valle del Cuneese che da giugno ad agosto vivranno una stagione di “prove tecniche di democrazia” condotte nelle varie zone libere, estese nel primo autunno anche alle Langhe. In queste occasioni si cercherà per la prima volta di coniugare la dimensione politica a quella economica, introducendo criteri di tassazione e suddivisione delle risorse a favore dei meno abbienti, creando un embrionale sistema di polizia e di amministrazione della giustizia civile e penale che restituisca alla società civile un livello minimo di sicurezza, indispensabile per sostenere le attività economico-produttive. Insomma nell’estate 1944 emerge chiaro come il compito della Resistenza non sia solo militare: alcune formazioni faranno propria questa esigenza politica e civile, altre tenderanno invece a subordinarla alla dimensione bellica, ma comunque è chiaro che l’autorità e la credibilità della Repubblica sociale, se mai ci sono state, sono definitivamente tramontate.

Tuttavia tra l’estate e l’autunno 1944 ci sarà una ripresa della presenza militare fascista inseguito dei pesanti rastrellamenti attivati dai tedeschi e il conseguente dispiegamento di un vero e proprio esercito d’occupazione a cui sono chiamate le divisioni San Marco, Littorio e Monterosa, e alcuni battaglioni dei Cacciatori degli Appennini e dei Reparti Anti Partigiani. Gli sbarchi alleati in Francia dell’estate costringono i tedeschi a presidiare il confine ovest e le vallate alpine. Tutta la situazione della provincia sarà condizionata da questa occupazione per cui ogni attività civile viene compromessa, mentre poche attività industriali e commerciali riescono a sopravvivere. Anche per le campagne l’obiettivo prevalente è ormai la sopravvivenza. I treni sono sempre più soggetti a sabotaggi: nelle stazioni di Verzuolo, di Saluzzo, di San Benigno i convogli, che dovrebbero trasportare fieno, attrezzature, equipaggiamenti e generi alimentari razziati, sono fatti saltare. La rete stradale è spezzata: anche un breve tragitto richiede un tempo notevole così come si fa notevole il rischio di incappare in qualche sparatoria oppure di cadere sotto l’attacco degli aerei alleati ormai padroni del cielo.

L’ultimo grande sfregio tedesco all’Italia vorrebbe essere la demolizione delle principali infrastrutture e soprattutto delle centrali elettriche, che in provincia di Cuneo sono numerose e importanti. Un rischio sventato nei giorni dell’insurrezione e del ritiro delle truppe tedesche e fasciste. Grazie alla collaborazione fra formazioni partigiane e missioni alleate gli impianti sono salvi.

Valle Varaita, aprile 1945, partigiani posano con manifesti di propaganda fascista; sullo sfondo gli impianti idrolettrici.

Mappa dell’Ufficio tecnico provinciale, stilata nel dopoguerra, che illustra i danni alle strade della provincia (Archivio di Stato di Cuneo)..

Primavera 1945, ponte ferroviario distrutto a Mondovì.

Foto e documenti sono conservati presso l’archivio dell’Istituto storico della Resistenza e della Società contemporanea in provincia di Cuneo, salvo dove diversamente indicato..

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